Ritratti, pale d’altare, Madonne col Bambino e grandiosi affreschi allegorici. Quando pensiamo a Raffaello questo è ciò che viene in mente.
Ma c’è anche un altro Raffaello. Più nascosto, meno eclatante (ovviamente quello che preferisco): il pittore dei paesaggi. Certo, non vedute romantiche sulla natura, ché nel Cinquecento – almeno in Italia – non era un genere a sé, ma piccoli scorci dietro i personaggi in primo piano. Case e colline tra il verde e l’azzurro, delicate come acquerelli.
Eccone un paio, dietro la Madonna del Belvedere del 1506.
Non hanno il dettaglio delle opere fiamminghe, ma sono comunque completi e verosimili, anche perché ispirati a luoghi reali. In questo caso si tratterebbe del lago Trasimeno, veduta che torna in seguito su altri sfondi (come hanno rivelato Rosetta Borchia e Olivia Nesci) e che il pittore avrebbe visto durante il suo soggiorno a Perugia a partire dal 1490.
Naturalmente Raffaello non realizza delle raffigurazioni fotografiche (la pittura en plein air non era stata ancora inventata) ma probabilmente si è basato sugli schizzi e sulla memoria visiva.
La cosa che rende così suggestivi questi paesaggi è l’applicazione della prospettiva aerea (o atmosferica), una modalità di rappresentazione messa a punto da Leonardo da Vinci per dare il senso di profondità agli spazi naturali.
In pratica Leonardo si è accorto, osservando i paesaggi dal vero, che l’aria che si interpone tra l’osservatore e le montagne più distanti tende a modificarne la percezione rendendole via via più chiare, più sfumate e più bluastre. Ecco alcuni dettagli dai dipinti di Leonardo in cui ha applicato la prospettiva aerea.
Per Raffaello, meno interessato agli aspetti scientifici della natura, il paesaggio è sostanzialmente uno sfondo, ma la scelta di ambientare all’aperto tante scene sacre svela comunque l’importanza del paesaggio nel Rinascimento: macrocosmo che si riflette e si riassume nel microcosmo costituito dall’uomo.
In Raffaello quel macrocosmo è sempre dolce e fiabesco, come le colline dell’Umbria, senza le asprezze delle montagne di Leonardo. Un modo per trasferire la grazia dei suoi personaggi anche all’ambiente in cui sono collocati. Ecco un altro esempio nella Madonna Alba del 1510.
Non è molto diverso dal paesaggio umbro che possiamo vedere oggi.
Più di quattrocento anni dopo, gli stessi paesaggi torneranno nella pittura – stavolta da protagonisti assoluti – attraverso le tele del futurista Gerardo Dottori. Grazie alla sua aeropittura, cioè la raffigurazione di panorami visti dall’aeroplano, è riuscito a raffigurare una veduta enorme, amplificata dall’esagerazione della curvatura terrestre. Eccone un esempio in Primavera Umbra del 1945.
Ma torniamo a Raffaello. Nella Madonna del cardellino del 1506 il paesaggio è sempre lo stesso, con colline e castelli. Il ponte a sinistra sarebbe un’aggiunta del 1547 di Ridolfo del Ghirlandaio, il pittore che si occupò di restaurare la tavola, dopo che questa era stata ridotta in pezzi per via del crollo della casa in cui era collocata.
È tutto originale, invece, il paesaggio dentro Sogno del cavaliere, del 1504. In questo caso le piccole dimensioni del pannello (17 x 17 cm) hanno richiesto un lavoro minuzioso, quasi da miniaturista.
Tuttavia il paesaggio non ne ha risentito: è, come sempre, profondo e armonioso (anche se, forse, di ispirazione più nordica).
Nel dipinto con Santa Caterina, realizzato nel 1507, il paesaggio è nuovamente quello: dolcemente ondulato, profondo e riflesso su uno specchio d’acqua.
Eccolo come appare nel dettaglio.
Sostanzialmente c’è un trascolorare continuo dai toni della terra in primo piano all’azzurro e al turchese del paesaggio e del cielo.
Stessa cosa nella Sacra Famiglia Canigiani del 1507. In questo caso le architetture sono più abbondanti ma le scelte cromatiche e la morfologia del paesaggio sono sempre le stesse.
Se volessimo tirar fuori la tavolozza dei paesaggi di Raffaello, come abbiamo imparato a fare qui, ne verrebbe fuori qualcosa di questo tipo.
Anche Perugino, il maestro di Raffaello, aveva raffigurato paesaggi simili e in particolare le viste da Città della Pieve, il suo paese natale. Nell’Adorazione dei Magi del 1504 c’è proprio quella vista verso il Trasimeno e la Val di Chiana.
Di qualche anno precedente è la Resurrezione, dove Perugino sceglie la stessa composizione con la vallata al centro, ma stavolta lo specchio d’acqua è più evidente.
Nel momento in cui Raffaello si trasferisce a Roma per lavorare agli affreschi delle Stanze Vaticane (intorno al 1508) i paesaggi mutano sostanzialmente. Nella Disputa sul Sacramento (dentro la Stanza della Segnatura) compare un colle sulla sinistra, ben diverso dalle vedute umbre dei dipinti precedenti. C’è un edificio in costruzione (forse una basilica, allusione alla ricostruzione di San Pietro, appena cominciata) e pochi alberi sparsi.
In conclusione, come abbiamo visto tempo fa per i Coniugi Arnolfini, dentro ogni dipinto c’è un mondo. A volerlo guardare pezzo per pezzo, particolare per particolare, si possono scoprire infinite storie sull’autore e sulla sua epoca.
Personalmente ho scoperto anche che l’accostamento tra il marrone e il turchese mi appassiona parecchio e che potrebbe essere uno spunto per abbinare meglio quello che ho nel guardaroba… (quando si potrà uscire di nuovo!).
Tratto da: http://www.didatticarte.it/Blog/?p=12345
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